Viaggiare con le sponsorizzazioni intervista a Upendo Vibes

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Viaggiare con le sponsorizzazioni. Un’intervista a  UpendoVibes

Ospitiamo su Slow Moove un’intervista ai ragazzi di Upendo Vibes. L’idea di intervistarli nasce completamente per caso. Viaggiavamo in Argentina e cercando destinazioni ad un certo punto ci sono saltati fuori su Instagram mentre facevano il nostro stesso itinerario. Due chiacchiere in chat, una cosa tira l’altra ed eccoli qui con un’intervista interessantissima!

viaggiare come fotografi

Ragazzi, presentatevi! Chi siete e da dove venite?

Siamo Sandra e Jamie, abbiamo 32 anni e stiamo insieme da 15. Ci siamo conosciuti nel 2003. Avevamo entrambi 16 anni, e dopo poco più di un anno, tra messaggi, squilli e due di picche, è iniziata la nostra storia ed era luglio 2004.

È iniziato tutto a Manarola, Cinque Terre, a un passo da casa, La Spezia. Quel bacio al sapore di salsedine che ha dato il via a questa nostra lunga storia (d’amore non lo scrivo, poi ci chiedono i diritti). Si può tranquillamente dire che siamo cresciuti insieme, come coppia ma soprattutto come persone. Credo che non potremmo essere più diversi l’uno dall’altra. E’ proprio questo chi ci conosce lo sa bene.  E’ però anche vero che ci sono un’infinità di passioni che abbiamo in comune, e credo sia questo il giusto equilibrio. L’essere diversi ma affini è di grande aiuto in una relazione, credo.

La più grande passione che ci accomuna è il viaggio, abbiamo sempre approfittato di ogni momento libero a disposizione per partire, anche solo per pochi giorni. Qualsiasi occasione diventava un pretesto per scoprire nuove destinazioni ed esplorare nuovi luoghi, anche fossero a 20 minuti da casa.

Andiamo al sodo 🙂 Il vostro profilo Instagram. Chi fa cosa? Come lo gestite?

Ci dividiamo i compiti. Le foto le facciamo entrambi, ovviamente, quando siamo in viaggio. E poi decidiamo un ordine di caricamento e programmiamo i post in base a come ci piacciono di più. Ci piace avere una composizione della pagina equilibrata e che salti all’occhio. La post produzione è curata interamente da Jamie. Mentre io, Sandra, mi occupo del copy, dato che mi piace molto scrivere.

intervista upendo vibes

Per quanto riguarda le stories, facciamo un po’ per uno a seconda di chi è libero in quel momento. Durante il viaggio che abbiamo fatto quest’inverno, in Argentina, spesso non avevamo segnale. Quindi realizzavamo video in verticale adatti alle stories e quando potevamo li caricavamo. Solitamente qualche ora dopo, ma qualche volta è capitato di poterle caricare solo il giorno dopo.

Siete presenti su altre piattaforme social?

Siamo anche su Facebook, su YouTube e abbiamo un blog, UpendoVibes che per il momento non è molto aggiornato, ma ci stiamo lavorando parecchio.

Qual è quella che funziona meglio per voi?

Per il momento andiamo bene su Instagram, Facebook è più difficile e richiede più tempo che per il momento non riusciamo a dedicargli come dovremmo.

Cosa vi porta tanta visibilità secondo voi? Il vostro punto di forza.

Credo che la qualità delle immagini aiuti molto, essendo entrambi fotografi ci piace ottenere fotografie che ispirino qualcosa in chi le guarda. E credo anche che indossare “panni da esploratori” possa aiutare. Forse alla gente piace il fatto che siamo vestiti in maniera del tutto normale e consona ai tipi di viaggio che intraprendiamo.

Forse si sono stancati delle classiche foto un po’ troppo costruite, con un bel vestito bianco che durerebbe pulito 5 minuti e che, in qualche caso, è stato indossato giusto il tempo della foto. Però non ne sono sicura al 100%, sono solo mie supposizioni. Per il resto credo anche che l’essere attivi nel pubblicare costantemente Stories, ripaghi molto. Spesso siamo così pigri(metto dentro anche noi) che non abbiamo nemmeno voglia di scorrere la home di Instagram. Preferiamo concederci  interi minuti a perderci nelle stories degli altri. Quindi per far funzionare un profilo Instagram bisogna dedicare molto tempo a quegli “adorabili” 15 secondi in verticale.

Come siete riusciti ad ottenere le vostre collaborazioni?

L’anno in cui abbiamo deciso che tutto questo sarebbe dovuto diventare il nostro lavoro (fine 2016), abbiamo pensato come avremmo potuto fare per ottenere collaborazioni senza avere nemmeno un contatto con quel mondo. Abbiamo puntato su una cosa che può sembrare banale ma è alla fine anche la più ovvia : mandare e-mail.

Abbiamo creato una presentazione in pdf di quello che avremmo voluto fare. In particolare parlando del nostro progetto di comprare un van e girare l’Europa per creare contenuti. Abbiamo aggiunto foto nostre fatte durante viaggi passati e abbiamo iniziato a mandare centinaia di e-mail a TUTTI i tipi di brand che ci venivano in mente.

Brand di qualsiasi tipo : vestiti, cibo, bevande, occhiali, orologi, macchine, camper, utensili per il campeggio, per la cucina, per l’energia rinnovabile. Credo che la maggior parte di queste e-mail sia stata cestinata o selezionata come spam, non ho idea di come funzioni. So solo che spesso e volentieri non abbiamo ricevuto alcuna risposta e la maggior parte dei messaggi di risposta ricevuti erano chiaramente dei messaggi preimpostati e automatici. Il classico “grazie le faremo sapere”.

Noi comunque non abbiamo desistito e abbiamo continuato per mesi a mandare email a chiunque. È successo poi che, tra un “le faremo sapere” e un altro, è arrivato qualche barlume di speranza. Qualche brand ha inziato a credere in noi e nel nostro progetto, così dopo qualche scambio di mail e qualche incontro di persona, siamo riusciti ad ottenere le tanto sognate collaborazioni.

intervista fotografi di viaggio

Parlaci del vostro blog, Upendo Vibes.

Jamie ormai 5 anni fa si è trasferito a Milano per lavoro mentre io sono rimasta a La Spezia per qualche anno, vivevamo da pendolari. Per quanto possa essere forte, duratura e collaudata una relazione, la distanza non aiutava. Dall’amore per i viaggi ha preso forma nella nostra testa il sogno di “UPENDO VIBES”, un’idea nel cuore da sempre ma resa concreta solo un paio di anni fa.

UpendoVibes è nato inizialmente come un’idea di convivenza, ma ben poco ordinaria. Volevamo comprare un van, adibirlo a camper e girare tutta l’Europa sfruttando le nostre capacità di fotografi(entrambi) e regista/videomaker(Jamie). Volevamo andare a vivere insieme ma desideravamo viaggiare, perché non fare entrambe le cose contemporaneamente? In questo modo avremmo potuto avere un “van-office”, una  casa ufficio su quattro ruote, girare per mesi e provare a trovare collaborazioni per qualche lavoro fotografico/video da realizzare ovunque fossimo.

La  forza di quel nostro progetto iniziale era determinata dalla creazione di materiale di  alto livello, in ambientazioni uniche e suggestive, studiato ad hoc per essere d’impatto. Ideali per piattaforme social  come Instagram, Facebook, Pinterest, YouTube. Ci siamo detti che poteva funzionare, bastava crederci.

Il progetto è partito a febbraio 2018, quando è iniziato il viaggio. Per poterci permettere di partire 4 mesi girando l’Europa abbiamo risparmiato per un anno. Poi abbiamo venduto qualche oggetto che non ci serviva più. Dopo aver comprato il van, un Volkswagen T3 di nome Djambo, e averlo “rimesso a nuovo”, siamo partiti. Durante il viaggio siamo riusciti ad ottenere qualche collaborazione e a lavorare “a distanza”.

Il bello del nostro lavoro è il poterlo fare ovunque ti trovi, basta avere la fotocamera, il computer e una connessione internet. In questo modo potevamo viaggiare lavorando e senza spendere molto, il mangiare e la benzina sono state le nostre spese più consistenti. Il van è stato per tanti mesi la nostra casa, il nostro studio fotografico, il nostro salotto, il nostro albergo, il mezzo di trasporto per attraversare gran parte d’Europa e regalarci la sensazione di più completa libertà e felicità che avessimo mai provato.

Sembra assurdo dirlo, perché stiamo insieme da quasi 15 anni, però il viaggio ci ha aiutati a conoscerci ancora di più. Anche perché noi due non avevamo MAI convissuto. Prima di partire ci siamo detti che questa sarebbe stata decisamente la prova del 9. Di per sé le convivenze non sono mai facili, figuriamoci una convivenza 24h su 24h dentro i pochi metri quadrati di un van, vivendo, mangiando, dormendo li dentro. Se avessimo superato quest’avventura incolumi, avremmo potuto superare qualsiasi cosa.

L’abbiamo superata egregiamente, siamo riusciti a non scannarci a vicenda quasi mai, e siamo tornati più uniti di prima e sempre più “drogati” di avventure.

Cosa vi piace principalmente della “vanlife”?

In particolar modo ci siamo innamorati della scoperta, senza limiti né costrizioni. Ci siamo innamorati della libertà di poter dormire ogni sera in un posto diverso, di mangiare dove capitasse, che fosse una spiaggia o una montagna. Ci siamo innamorati dell’assenza di orari o scadenze e delle costrizioni della vita di tutti i giorni. Ci siamo innamorati della pioggia, che è bella quando sbatte sul tetto del van e ti fa stare bene sotto le coperte abbracciati. Ci siamo innamorati delle persone incontrate lungo la via, abbiamo parlato e scoperto tanto delle nazioni che ci ospitavano, abbiamo pianto per alcune storie, riso a crepapelle davanti a falò improvvisati.

Mi sto dilungando scusate. Non riesco a fermarmi quando si parla di quell’avventura o di quella appena conclusa, il sud America. Diciamo che la cosa che le accomuna ed è il lato che più ci fa sentire sicuri e felici della nostra scelta è la libertà.

Durante il viaggio on the road in Europa abbiamo visitato 24 nazioni, in quest’ordine:Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda, Germania, Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania, Serbia, Bulgaria, Grecia, Albania, Montenegro, Bosnia, Croazia, Slovenia.

Gli anni passati, quando partivamo per i nostri viaggetti di qualche giorno eravamo già stati in Spagna, in Portogallo, in Irlanda (2 settimane in bicicletta, dormendo in tenda, spettacolare!). Poi, alla scoperta dell’Italia (in Sardegna siamo stati 4 volte!). Ed ancoragiro del lago Costanza in moto (tocca tre nazioni, Svizzera, Germania e Austria, ed è a un passo dal Lichtenstein, potevamo non visitarlo?). Il viaggio che più ci è rimasto nel cuore è stato nel 2011, quando siamo andati in Kenya a trovare il papà, i nonni e tutti i parenti di Jamie. Non saremmo più tornati a casa, il rientro è stato difficilissimo. È nei piani tornarci il prima possibile.

Quest’anno, il primo febbraio, siamo partiti per il Sud America e abbiamo visitato, per due mesi e mezzo, Argentina e Chile. Un’esperienza straordinaria, che raccomandiamo vivamente a chiunque.

Dove risiede la vostra forza come viaggiatori?

Credo che uno dei nostri maggiori punti di forza sia il sostegno. Abbiamo un grandissimo team di amici e parenti che ci supporta molto. Ci sprona ad andare avanti, ci condivide sui social, racconta di noi a chiunque, e questo ci aiuta. Avere dalla tua parte le persone più importanti non è cosa facile né scontata,siamo molto fortunati in questo.

Mia mamma si è fatta Instagram solo per poterci seguire. Insieme alla mamma di Jamie sono le nostre fan più sfegatate. Ma poi ci sono le mie sorelle, cugine e cugini di entrambi, zie e zii di entrambi. LA NONNA PAOLA (90 anni e dal Sudamerica le mandavo le foto su WhatsApp, oltre a un paio di videochiamate senza risposta da parte sua, che poi ho scoperto essere un errore). Amici di una vita che sono quasi sempre il “primo like” della giornata. Gli amici delle video chiamate oltreoceano. Gli stessi che quando torni è come se non fossi mai partito perché certi rapporti sono così, rimangono ben saldi e forti anche dopo lunghi periodi e grandi distanze.

Insomma, qualcuno perplesso c’è sicuramente stato inizialmente, ma più per un discorso di paura per il nostro futuro, tipico di chi ti vuole bene (e se poi non va?). Noi però eravamo così determinati a farcela e credevamo così tanto in questo che alla fine oh, ce l’abbiamo fatta.

Facciamo un bilancio su pro e contro?

Se poi dovessimo parlare dei pro e dei contro di questa vita che abbiamo scelto, probabilmente non basterebbe un libro (cosa che abbiamo intenzione di scrivere, prima o poi), ovviamente per quanto riguarda i pro.

Credo infatti che i pro siano decisamente più numerosi rispetto ai contro. Non si hanno orari d’ufficio. Si conoscono tante bellissime persone nuove, si ha a che fare ogni giorno con realtà diverse e con sfide del tutto differenti da quelle quotidiane (ma non per questo meno difficili). Si apprezza la natura a 360° e si percepisce ancora di più il bisogno di rispettarla e di salvaguardarla.

Si imparano lingue, tradizioni, abitudini culturali e alimentari, si conoscono leggende, si diventa un po’ più saggi. Si impara ad essere minimalisti e rilassati, si scoprono lati di noi stessi che nemmeno sapevamo di avere, si diventa più pazienti, tolleranti, migliora sempre più il nostro spirito di adattamento, si impara a risparmiare, a rinunciare, a sacrificare. Viaggiare ti fa crescere e, sarà una frase un po’ banale, ti fa diventare una persona migliore. E di conseguenza stai meglio con te stesso, ti piaci di più.

I contro sono soltanto piccolezze di fronte al l’immensità dei Pro citati qui sopra. Sono le piccole abitudini quotidiane che diamo per scontate ma che in viaggio non esistono quasi. Almeno, nel viaggio come lo affrontiamo noi, che sia in van o che sia zaino in spalla come in sud America, dormendo in ostelli o campeggi. Un bagno pulito, una doccia calda, una presa di corrente a fianco al letto, cibo buono. Questo perché se si sceglie di viaggiare in modalità low cost,e non potremmo permetterci altrimenti. Alla qualità scegliamo la quantità. Viaggi poveri ma lunghi, e quindi ricchi di esperienze. Bisogna adattarsi a quello che capita, che non sempre rispecchia i livelli di comfort a cui siamo abituati.

Non spaventa un pò tutto questo?

Un altro contro, forse un po’ più forte ed importante, è l’incertezza. Il non avere uno stipendio fisso è qualcosa che a molti spaventa perché, giustamente, nella vita ci sono spese da sostenere e noi lo capiamo perfettamente. Però siamo esattamente come ogni libero professionista di questo mondo, non abbiamo le certezze di uno stipendio fisso. Però mettiamo tutti noi stessi per fare in modo che ci siano i soldi necessari per vivere in questo modo. E finora ci stiamo riuscendo. Come? Rinunciando a qualche cena fuori, a comprarci nuovi vestiti, a qualche aperitivo. Ogni tanto ce lo concediamo anche noi, ma non è la priorità di ogni fine settimana, ecco.

Credo che ci voglia la forza di volontà di mettersi in gioco e di rischiare, con un salto nel vuoto. Noi non volevamo una “vita normale” e non credo che saremmo riusciti a viverla felicemente. Quindi ci abbiamo creduto dalla punta dei piedi fino alla testa, passando per il cuore. E abbiamo tentato così tanto fino a che non ci siamo riusciti.

Un’altra caratteristica importante per riuscirci è il sapersi ADATTARE ad ogni situazione, e l’essere pronti a conoscere nuove culture. A nostro vantaggio avevamo la “skill” della fotografia, che ci ha aiutati non poco. Però conosco storie di persone che hanno cambiato vita e ora, per esempio, vendono gioielli da loro prodotti e girano il mondo in van. Qualcun altro ha trasformato il van in una piccola casa da The. Poi c’è chi fa corsi di yoga, di cucina. Insomma, basta inventarsi o sapersi inventare, ci vuole un po’ di fantasia, di coraggio, e un pizzico di sfrontatezza.

Qual è stato il viaggio più figo fino ad ora?

A livello di esperienze di viaggio,per quanto riguarda il viaggio con il van in Europa, la  più bella che abbiamo vissuto credo sia stata l’aurora boreale sulle isole Lofoten, in Norvegia. Un’aurora che aspettavamo da tanto e che è stato il motivo principale della direzione del viaggio.


Salire verso nord, fino a Capo Nord, riuscire ad arrivare sulle isole entro marzo prima che finisse la stagione buona per le aurore (che va all’incirca da ottobre a marzo). Quell’aurora noi ce la siamo goduti proprio tanto. Eravamo appena arrivati sulle Lofoten e avevamo deciso di fermarci a dormire con un van su una spiaggia, completamente innevata.

Abbiamo cenato al caldo, con il riscaldamento alto e deciso a combattere i – 15 gradi che c’erano fuori. Ogni tanto lanciavamo un’occhiata al cielo per capire quando sarebbe arrivato il momento di mettersi addosso più strati possibili per uscire nella neve a guardare il cielo. Per un paio d’ore non si è visto niente, e il cielo quella sera era dalla nostra parte, totalmente sgombro da nuvole.

Poi all’improvviso è apparso qualcosa, una strana nuvoletta lunga e sottile, impercettibilmente verdastra. Siamo volati fuori dal van: era l’inizio dell’aurora. Da lì in poi lo ricordo quasi come un sogno, una strana nuvoletta verde che pian piano ha ricoperto tutto il cielo regalandoci colori diversi che andavano dal viola al verde, passando per il rosa e forse il blu.

Difficile da distinguere. Per tre ore abbiamo sopportato i 15 gradi sotto lo zero, quello che avevamo davanti ai nostri occhi ci aveva fatto completamente dimenticare che i nostri piedi e le nostre mani erano diventati nel frattempo ghiaccioli. L’aurora era davanti noi, dietro di noi, a destra, a sinistra, sopra. In quello che ci è sembrato essere un attimo ma che probabilmente era almeno un’ora, la “nostra” aurora ha letteralmente coperto il cielo, muovendosi armoniosamente e danzando a ritmo di una musica che non potevamo sentire. Quella è stata la notte più bella di tutto il viaggio, senza dubbio, e non credo che potremmo mai scordarla.

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